Tratta dall’omonimo libro di Cormac Mccarthy vincitore del pulitzer nel 2007.
La strada, è il cammino, l’ultimo viaggio di un’umanità spezzata e violentata. Struggente, spesso duro, con piccoli momenti di gioia, è una storia che permette di riflettere su molte tematiche e problematiche attuali, dall’ambiente alla società.
Ambientato in un probabile-remoto-prossimo futuro post-apocalittico, il film narra la storia struggente di un padre (Viggo Mortensen) e di suo figlio nel viaggio lungo la strada per la sopravvivenza in un mondo morente. Un’ipotetica storia di quel che sarà dell’uomo nella sua involuzione animalesca, quando desolazione, tristezza, disperazione e distruzione abiteranno la terra. Ma non solo. Il film è una lezione di vita, un racconto che permette di scoprire che sulla strada, nel mezzo di un panorama angosciante, ci sono anche cose belle. Il film rispecchia l’atmosfera trasmessa dal libro, un mondo cupo dove la speranza è un piccolo bagliore che ancora guida l’uomo nella sua esistenza. Questo è un film simbolico, dove l’analisi continua di bene e male condurrà in un sogno grigio dove l’umanità viene rimessa in discussione. La drammatica sensazione di irrequietezza viene spinta al limite ed accompagnerà lo spettatore per buona parte del film, lasciando però ancora spazio alla razionalità ed all’integrità dell’essere umano. Il pregio di The Road è che ci mostra della bellezza anche nella rappresentazione della fine del mondo che conosciamo.
Il libro permette egregiamente di immaginare la storia grazie alle parole dell’autore, il film invece non lascia molto spazio alla fantasia. Il regista, lo scenografo, il fotografo, gli attori descrivono il racconto in maniera eccellente e dettagliata: si è consapevoli di aver visto gli ultimi e terribili istanti dell’umanità.
The Road è in molti punti lento, non presenta particolari innovazioni dal punto di vista tecnico, ma è girato magistralmente.
Si consiglia di leggere il libro prima di vedere il film, un romanzo scritto molto bene e che accompagna sino alla fine in modo abbastanza scorrevole.
THE ROAD
2009
di John Hillcoat
con Viggo Mortensen, Kodi Smit-McPhee
Il 1 aprile 2014 verrà avviato al circolo Pink in via Scrimiari 7A il progetto di una palestra popolare autogestita, che prenderà provvisoriamente il nome dello storico quartiere veronese.
L’idea, o meglio, l’esigenza di una palestra nasce come risposta a molteplici problematiche/considerazioni riguardanti in primis la città di Verona, ma anche il lavoro che altri compagni dei centri sociali svolgono quotidianamente nei loro spazi.
Sul nostro territorio esistono solamente palestre in cui le logiche del profitto e della legge del più forte sovrastano ogni rapporto etico tra chi le frequenta. Non è raro, inoltre, una volta dentro, trovarsi di fronte giovani neofascisti di Forza Nuova, Blocco Studentesco e relativi simpatizzanti che non aspettano altro che potersi sfogare.
La palestra popolare, quindi, rifiuta le logiche del profitto e la cultura dell’apparire delle palestre capitaliste. È un’esperienza di autogestione in cui valori quali uguaglianza e rispetto costituiscono la base degli allenamenti, in cui razzismo e xenofobia che caratterizzano questa città vengono spazzati via, in cui chi non può permettersi di spendere centinaia di euro nelle palestre comuni possa comunque allenarsi assieme ad altre persone che abbiano un pensiero comune.
L’aggregazione che una palestra popolore porta è elemento fondamentale nella costruzione di un movimento che combatta le ingiustizie sociali e che lotti per ottenere i diritti dei quali ogni giorno veniamo privati.
E se più avanti si sentirà l’esigenza di avere spazi più grandi, dove si possano allenare duecento persone invece che venti, vuol dire che saremo in abbastanza per poter realizzare questo desiderio.
Palestra Popolare VERONETTA
Kollettivo Autonomo Antifascista Verona
La condizione dei giovani nella crisi, il continuo aumentare della disoccupazione giovanile e dell’abbandono scolastico, le politiche di austerità incessanti, le scuole come magazzini di futuri precari privi di consapevolezza; questi sono stati gli argomenti da cui siamo partiti nell’assemblea nazionale del network StudAut che si è tenuta al Laboratorio Crash di Bologna il 25-26 Gennaio 2014.Un’assemblea ampia e partecipata che ha visto allargarsi a cinque nuove città la rete di StudAut, ricca di riflessioni e capace anche dell’autocritica necessaria a continuare a far crescere le lotte. Dall’assemblea di apertura abbiamo potuto confrontarci città per città sull’Autunno di lotte appena trascorso, constatando i punti di continuità che si sono manifestati nella maggior parte delle città presenti: da un lato la capacità di costruire vertenzialità autonoma partendo dai bisogni degli studenti, colpendo le istituzioni locali e rovesciando il tavolo ad ogni trattativa; dall’altro la connessione tra lotte studentesche e lotte sociali di ogni tipo (dal movimento per l’abitare, alle lotte operaie ed alle lotte ambientali), direzione in cui ancora grandi passi vanno compiuti. Questa sintonia tra i movimenti studenteschi in grado di portare le loro istanze in piazza e gli altri movimenti che attraversano le metropoli ed i territori ci dimostra che, pur manifestando bisogni specifici (trasporti, libri, edilizia scolastica…), gli studenti stanno costruendo una consapevolezza del contesto di austerity diffusa che li circonda e sono pronti a combatterla.
All’interno del tavolo assembleare su comunicazione e contro-informazione abbiamo anche discusso e lanciato la campagna NoInvalsi, contro i test della scuola-azienda che continuano a vederci come numeri e merci, svilendo la capacità critica sin dai primi anni di scuola elementare e imponendo le riforme nelle scuole. Cominceremo così da subito a informare e costruire consapevolezza per far si che il 13 Maggio, dentro le scuole, tanti test vengano lasciati in bianco. Nei giorni immediatamente precedenti ed in particolare il 12 Maggio ci mobiliteremo per dar voce e forza a questa campagna.L’elemento comune più discusso e ritenuto significativo però è stato soprattutto il ricambio generazionale e i nuovi soggetti che attraversano le piazze e le animano di conflitto. I protagonisti delle grandi esplosioni che si sono viste in alcune città (ma anche dei percorsi intrapresi dai collettivi di tutta Italia) sono studenti degli istituti e dei professionali, sono migranti e figli di proletari e molte volte non sono nemmeno più studenti ma hanno lasciato la scuola (prematuramente o non). In questa nuova composizione di piazza vediamo soggetti meno politicizzati, più spontanei nelle pratiche e nella visione delle lotte, molte volte presenti in piazza solo per sfogare una rabbia intrinseca e spontanea.
Così l’occhio dei movimenti deve allargare il proprio orizzonte e cominciare a guardare a tutta una generazione, includere gli studenti in un bacino più ampio: i giovani. Il compito dei collettivi diviene attraversare i quartieri e gli istituti, per inchiestare ed aggregare un soggetto sociale che non ha prospettive ne per il proprio presente ne per il proprio futuro, che vive una condizione di assoluta incertezza e precarietà (spesso senza nemmeno esserne consapevole), che rifiuta la scuola come luogo di controllo ed oppressione incapace di offrirgli alcun sapere, che in molti casi è ostile o diffidente agli approcci ed i linguaggi tradizionali dei movimenti studenteschi ma si riconosce nelle pratiche del blocco, del corteo selvaggio e dell’assedio.
Per procedere in questa direzione e consolidare il ponte tra movimenti studenteschi e i movimenti che hanno dato vita alla sollevazione del 19 Ottobre abbiamo messo in agenda alcune date:
-Il 7 Marzo daremo vita ad una giornata di mobilitazione studentesca contro la disoccupazione giovanile e la precarietà, che faccia una voce unica di tutti i percorsi di lotta intrapresi quest’Autunno e rilanci verso l’assedio al vertice UE, che si terrà ad Aprile a Roma.
Contestare quella riunione, dove i grandi potenti d’Europa terranno un incontro sulla disoccupazione giovanile (la cui stima in Italia si avvicina al 50% mese dopo mese) significa rifiutare nettamente l’austerità e la crisi che ci stanno facendo subire, privandoci di ogni dignità e prospettiva futura.
Ad Aprile le forze che hanno dato la spinta al 19 Ottobre convergeranno nuovamente: studenti, precari, disoccupati, lavoratori, movimenti per la casa, movimenti contro le grandi opere e la devastazione ambientale si solleveranno e busseranno alle porte dei poteri forti europei.
www.studaut.it
I C.I.E., istituiti nel 1998 dalla legge sull’immigrazione Turco-Napolitano, allora denominati centri di permanenza temporanea, sono strutture nelle quali vengono reclusi i cittadini stranieri sprovvisti di regolare titolo di soggiorno. I migranti si trovano all’interno di questi centri con lo status di trattenuti o ospiti, ma la loro permanenza corrisponde di fatto a una detenzione. Sono quindi privati della loro libertà personale per il fatto di aver violato una disposizione amministrativa.
Di fatto i centri sono inadeguati a garantire condizioni di permanenza dignitose ai migranti trattenuti, le norme che regolano la vita all’interno dei cie sono particolarmente rigide e restrittive tali da rendere afflittive le condizioni di trattenimento.
Oggi, a sedici anni dalla loro istituzione, il sistema della detenzione amministrativa nel contrasto dell’immigrazione irregolare ha avuto una modesta rilevanza e una scarsa efficacia, tuttavia gli ultimi governi non hanno mostrato l’intenzione di chiudere questi centri-lager e di non rispondere più con politiche securitarie ai bisogni di uomini e donne.
Solo i migranti trattenuti nei cie hanno saputo ribadire, con modalità di lotta anche estreme, un diritto alla vita. Vivere significa anche essere liberi di spostarsi, di migrare in base alle proprie esigenze. Le lotte degli ultimi anni hanno posto un unico e grande imperativo: chiudere tutti i cie. Alcuni di essi sono già stati chiusi, non per il buon cuore delle istituzioni, ma per le devastazioni e le rivolte scoppiate all’interno. Il 2011 sarà ricordato come l’anno più caldo nei centri di identificazione ed espulsione: scioperi della fame, autolesionismo, incendi, evasioni e rivolte. I migranti hanno voluto così riconquistare il proprio diritto a viaggiare, non riconosciuto per le vie legali.
Nonostante i più lieti preannunci, come la riduzione del tempo di permanenza all’interno di un C.I.E. a un mese, è assente ogni tentativo di sperimentare strumenti meno afflittivi. Anzi la repressione si prospetta più dura ma lontana. Con l’ultimo accordo di cooperazione militare tra Italia e Libia, sottoscritto a Roma il 28 novembre 2013 dai ministri della difesa Mario Mauro e Abdullah Al-Thinni, è stato autorizzato l’impiego di droni italiani per missioni a supporto delle autorità libiche per le attività di controllo del confine sud del paese. L’obiettivo è quello di intercettare gli automezzi dei migranti quando attraversano il Sahara e i militari libici potranno intervenire per detenerli e deportarli. Ecco quindi che dietro la finta sensibilità di ministri e capetti di fronte ai cadaveri sulle spiagge di Lampedusa, di fronte a un numero spaventoso di esseri umani che incontrano la morte tentando la fuga per un avvenire migliore, si nasconde il volto noto della repressione che viene incontro alle necessità con navi da guerra e droni.
Si è conclusa la giornata di mobilitazione contro i leghisti che questo pomeriggio hanno invaso la città, richiamati all’ordine dai loro porci comandanti, in difesa degli arrestati nei giorni scorsi, accusati di aver creato un’ associazione con finalità di terrorismo, eversione dell’ordine democratico e fabbricazione e detenzione di armi da guerra. I leader della Lega Nord (Salvini, Tosi, Bossi, Maroni, ecc…), è bene ricordarlo, sono gli stessi signori che hanno consentito, con la loro permanenza al governo per vent’anni, che la destra neoliberista berlusconiana distruggesse completamente quel poco di stato sociale rimasto in piedi dalle lotte degli anni ’70. Gli stessi signori che hanno reso invivibili città altrimenti splendide, come Verona, grazie ai loro folli deliri securitari infarciti di propaganda xenofoba della peggior specie. Gli stessi signori che siedono in parlamento da vent’anni, e che governano le tre più popolose regioni del nord senza essere in grado di ostacolare il furto perpetrato impunemente, ai danni delle classi sociali più deboli, da parte di governi, banche e multinazionali. Gli stessi che hanno firmato le leggi più infami del ventennio berlusconiano, come la Bossi-Fini, che ha scientificamente abolito il “diritto alla dignità” dei cittadini migranti e contribuito a condurre alla barbarie i rapporti umani in una società già gravemente impoverita dalla crisi economica e dall’Austerity della trojka (FMI-UE-BCE). Gli stessi che fanno affari coi soldi pubblici con la ‘ndrangheta mentre consentono speculazioni mastodontiche che devastano i nostri territori, altroché “padroni a casa nostra“!
Gli stessi che nascondono diamanti in Nuova Zelanda mentre pensionati ed operai non arrivano alla fine del mese, vengono sfrattati e gettati in strada grazie alle loro scellerate politiche ultraconservatrici.Oggi un gruppo di militant* antifascist*, si è diretto in piazza dei Signori, tentando di interrompere il comizio in corso e costringendo i celerini a “blindare” la piazza per difendere i leghisti. L’intervento delle forze dell’Ordine ha obbligato i/le militant* a ripiegare. Un secondo tentativo di avvicinarsi alla piazza è stato stroncato nei pressi di piazza Erbe dalla polizia che è riuscita a fermare e identificare alcun* compagn* che hanno tentato la fuga tra i vicoli del centro cittadino.
Abbiamo voluto ribadire , con la rabbia repressa e accumulata nei mesi e anni passati a ingoiare la merda di questa città e della politica di Tosi&co, che la Lega non è ben voluta. Continueremo ogni giorno ad opporci, raccoglieremo le macerie sociali, risultato di vent’anni di governi neoliberisti, rivolgendo verso i responsabili di questo vuoto sociale (sotto forma di conflitto) la rabbia accumulata e il bisogno di riappropriazione di spazi e diritti. L’obiettivo è un percorso politico autonomo che rappresenti un’alternativa per Verona, da troppo tempo soffocata sotto una cappa di ottusità, ignoranza e intolleranza.
Kollettivo Autonomo Antifascista Verona
Creare crepe, allargare faglie di crisi, fare movimento di interstizione. Sono questi gli obiettivi che deve porsi una realtà del mutamento. Agire e sabotare il presente, creando aree di libertà che oltrepassino la logica del mondo in cui si vive. Ripartire dalle relazioni umane, contrapponendo a logiche economiciste un vivere comune che si riapprori di pratiche cooperative assembleari, influendo nella quotidinaità con un fare diverso. La crisi flagella in Europa milioni di persone, abbattendo quel minimo supporto sociale che era riuscito a sopravvivere nonostante trent’anni di politiche neoliberiste. Recentemente un rapporto Oxfam ha messo in evidenza l’abisso della disuguaglianza, sottolineando come 85 persone detengano l’equivalente della ricchezza di metà della popolazione mondiale. Le politiche di austerity nel frattempo mietono vittime, perseverando il dogma dei tagli nel sociale a tutto vantaggio di cavalcanti privatizzazioni. Nemmeno la retromarcia del Fondo Monetario Internazionale, che in più sedi ha ammesso errori di valutazione rispetto alle politiche di austerity e al salvataggio della Grecia, intimorisce le politiche portate avanti dall’Unione Europea e adottate poi dai singoli Stati. Oggi più che mai è necessario ripartire da forme diverse del vivere comune per organizzarsi e immaginare un mondo diverso. Non è certo l’idea di una lista europea che deve abbagliarci, ma la necessità di ripartire dal basso. L’ennesima riproposizione, tardiva, di strutture che legittimano il sistema stesso che si vuole cambiare non servirà a modificare una forma mentis che penetra nelle fibre più profonde di un modo di produzione, di un modo di guardare i problemi collettivi, di una modalità di creare rapporti umani. È su queste dinamiche che bisogna soffermarsi. Organizzarsi e pensare collettivamente, cercando di debellare il virus dell’individualismo di matrice liberale che sradica la persona dal contesto che la circonda, facendo immergere i problemi dei singoli in un’aurea di colpevolizzazione, annullando viceversa il più ampio cosmo circostante, che mette invece in mostra l’interconnessione di problemi comuni. Il diritto alla casa è collegato al diritto al lavoro e, contemporanemente, questi sono indissolubilmente legati al diritto di cittadinanza globale, contro le carceri dei confini. Infine senza una coscienza politica condivisa e senza obiettivi comuni, ogni tentativo frettoloso di aggregazione verticale fallirà. Solo l’orizzontalità e la condivisione comune dei problemi possono riaprire spazi di conflitto.